STORIA E MESSAGGIO DI FATIMA
E’ RITORNATA COME AVEVA PROMESSO
Fatima non esaurisce la sua storia nelle sei apparizioni che vanno dal maggio all’ottobre del 1917, ma continua in alcune rivelazioni private a Lucia, rimasta sola dopo la morte di Francesco (1919) e Giacinta (1920). La solitudine che l’avvolge ora che non ha più la compagnia dei due cuginetti con cui ha condiviso tante ore al pascolo alla Cova de Iria, è confortata dalla promessa che aveva sentito dalla Madonna: “Non ti scoraggiare, io non ti abbandonerò mai” (13 giugno 1917). Sa bene di dover affrontare la missione di trasmettere il messaggio della “Bianca Signora”: “Gesù vuol servirsi di te per farmi conoscere e amare. Vuole stabilire nel mondo la devozione al mio cuore immacolato” (id).
Ricorda l’esame di maturità spirituale a cui è stata sottoposta insieme ai suoi cugini: “volete offrirvi a Dio per sopportare tutte le sofferenze che vorrà mandarvi in riparazione dei peccati con cui egli è offeso e come supplica per la conversione dei peccatori?”. Avevano risposto prontamente di si.
Francesco prima e Giacinta poco dopo avevano preso sul serio il loro impegno di sacrificio, quello che sapevano inventare ma soprattutto quello che loro è stato chiesto di accettare.
Ora anche per Lucia viene il momento del forzato distacco dalla famiglia, dai coetanei, dai luoghi tanto amati e ricchi di ricordi.
Si ritiene opportuno allontanare Lucia da Fatima per toglierla alla curiosità indiscreta della gente che, come succede spesso in queste occasioni, voleva incontrarla per carpire chissà quale particolare sulle apparizioni. Prima di lasciare il suo Paese, vuole però recarsi alla Cova de Iria ove recita il Rosario ai piedi del piccolo elce sul quale la “Bianca Signora” aveva posato i suoi piedi.
Inizia così un’altra stagione, lunga, nell’ombra del convento, dove silenzio e preghiera accompagnano la missione definitiva della sua esistenza.
Suor Lucia narra
15 ottobre 1925. «Come postulante a Pontevedra (Galizia-Spagna) ero molto occupata nel mio lavoro: andavo a vuotare un secchio di spazzatura fuori dell’orto ed incontrai un bambino. Gli ho chiesto se sapeva l’Ave Maria. Avendomi risposto di si, lo invitai a recitarla per assicurarmene. Ma siccome non si decideva la recitai io con lui per tre volte. Alla fine gli chiesi nuovamente di dirla da solo. Se ne stette zitto. Allora gli domandai se sapeva dove si trova la chiesa di Santa Maria. Mi rispose di si e io lo invitai ad entrarvi tutti i giorni per dire così alla Madonna: “O Mamma mia del cielo, dammi il tuo Bambino Gesù!” detto questo me ne venni via. «Il 10 dicembre 1925 mi apparve la santissima Vergine e, al suo fianco, sospeso su una nube luminosa un bambino. La Vergine mettendomi una mano sulla spalla, mi mostrò con l’altra un cuore coronato di spine. Contemporaneamente il Bambino disse: “Abbi compassione del Cuore della Madre Santissima, coronata di spine che gli uomini ingrati vi infliggono, senza che ci sia chi faccia atti di riparazione per strappargliele “.
In seguito la Vergine disse: “Guarda figlia mia, il mio cuore coronato di spine che gli uomini ingrati mi infliggono ad ogni momento con bestemmie ed ingratitudini. Tu almeno cerca di consolarmi, e a tutti quelli che, per cinque mesi consecutivi, nel primo sabato, si confesseranno ricevendo poi la santa Comunione, diranno il Rosario e mi faranno compagnia per quindici minuti, meditandone i misteri, con l’intenzione di propiziarmi, io prometto di assisterli nell’ora della morte, con tutte le grazie necessarie alla salvezza”.
Il 15 febbraio 1926, tornando a vuotare la spazzatura, vi incontrai nuovamente un Bambino che mi pareva quello precedente. Gli domandai: “Hai chiesto il Bambino Gesù alla Madonna del cielo come ti avevo detto?.
Egli si volta verso di me e dice: “E tu hai diffuso nel mondo quello che la Mamma del Cielo ti ha chiesto? In un istante si trasforma in un bambino luminoso e riconobbi che era Gesù. Gli dissi allora: “Gesù mio, tu sai bene cosa mi ha detto il confessore nella lettera che ti ho letto. Diceva che bisognava che la visione si ripetesse; che ci fossero dei fatti per essere creduta. E la madre superiora, da sola, non ce la fa a propagare questa pratica”.
Gesù allora rispose: “E vero che la tua superiora; da sola, non può niente, ma con la mia grazia può tutto”.
Riflessioni e note
a) Nel luglio 1917 la Madonna aveva promesso «verrò a chiedere la Comunione riparatrice nei primi sabati». Si possono fare in proposito due osservazioni importanti: 1) La Vergine non chiama l’attenzione su di se ma su Gesù, unico Redentore e Mediatore immolato sul Calvario che rinnova il suo sacrificio nell’Eucaristia. 2) Scopo dei primi sabati è la riparazione (come anche la pratica dei primi venerdì). È Gesù stesso che vuole inculcare la riparazione al Cuore della Mamma per la sua partecipazione intima all’opera redentrice.
b) Gesù dà la motivazione del numero cinque dei primi sabati. Lucia stessa scrive il 12-6-1930: «Sono cinque le specie di offese e bestemmie contro il Cuore Immacolato. Mi fu rivelato quanto segue: 1) Le bestemmie contro l’Immacolata Concezione; 2) Contro la sua Verginità; 3) Contro la Maternità divina rifiutando allo stesso tempo di accoglierla come Madre degli uomini; 4) Le colpe di coloro che cercano pubblicamente d’infondere nel cuore dei bambini l’indifferenza, il disprezzo e perfino l’odio contro questa Madre Immacolata; 5) Gli oltraggi fatti direttamente nelle sue sacre immagini».
c) L’invito ai quindici minuti di meditazione dei Misteri, fatta in sua compagnia di Lei che li ha vissuti come nessun’altro, è un modo eccellente per prepararsi a partecipare al sacrificio di Cristo che si rinnova nell’eucarestia e per adorare Gesù immolato dei nostri tabernacoli. La veggente, desiderando mantenere l’anonimato, chiese il permesso al confessore e alla Superiora di descrivere l’apparizione di Pontevedra in terza persona.
d) Il 26-5-1935 Suor Lucia scrive: «Il giorno 10 ho scritto al vescovo di Leiria, ricordandogli la promessa fattami di cominciare a propagare la devozione riparatrice al Cuore di Maria». Ma il vescovo non fu di parola. Solo nel 1939 Suor Lucia potrà scrivere: «Non so se lei ha saputo che sua eccellenza nel settembre ed ottobre u.s. fece pubblica la devozione dei primi sabati. Fece stampare alcune immagini della Madonna con la spiegazione di questa pratica. Me ne mandò copie insieme al giornale . “Voz de Fatima” affinché leggessi l’articolo sull’argomento… Non mi è parso troppo giusto che ne pubblicassero la sua origine, cioé il mio nome. Pazienza! Un sacrificio di più che sarà il primo anello della catena di molti altri per lo scrigno dell’eternità…».
e) Si deve notare che fino a questa data (1939) a Fatima non si era mai parlato pubblicamente delle rivelazioni circa il Cuore Immacolato di Maria.
Si parlava soltanto della vergine del Rosario.
Suor Lucia narra
«A Tuy (Galizia-Spagna), già professa, dal 13 al 14 giugno 1929, avevo ottenuto dalle mie superiore e dal confessore di fare l’Ora santa, dalle undici a mezzanotte, tra ogni giovedì e venerdì. Quella notte, trovandomi sola, mi inginocchiai tra due balaustre, nel mezzo della cappella, per recitare, prostrata, le orazioni insegnateci dall’Angelo. Ad un certo punto, sentendomi stanca, mi alzai in ginocchio e continuai a recitarle a braccia aperte in croce. Improvvisamente tutta la cappella s’illuminò d’una luce soprannaturale e sull’altare apparve una croce luminosa che arrivava al soffitto. In una luce più chiara si vedeva, nella parte superiore, il volto di un Uomo e il corpo fino alla cintola; sul petto una Colomba pure di luce e, inchiodato alla croce, il corpo di un altro Uomo. Un pò sotto la cintola, sospesi nell’aria, si vedevano un Calice e un’Ostia grande, sulla quale cadevano alcune gocce di sangue che scorrevano dalle guance del Crocifisso e da una ferita del Costato. Scivolando giù per l’Ostia quelle gocce cadevano nel Calice. Sotto il braccio destro della croce c’era la Madonna (era quella di Fatima… col suo Cuore Immacolato… senza spada né rose, ma con una corona di spine e fiamme…). Il Cuore l’aveva sopra la mano. Sotto il braccio sinistro della croce alcune lettere grandi, come se fossero di acqua cristallina, scorrevano sopra l’altare e formavano queste parole “GRAZIA E MISERICORDIA”.
Compresi che mi veniva mostrato il mistero della Santissima Trinità, e ricevetti luci su questo mistero che non mi è permesso rivelare.
Poi la Madonna mi disse: “È arrivato il momento in cui Dio chiede che il santo Padre faccia, in unione con tutti i vescovi del mondo, la consacrazione della Russia al mio Cuore Immacolato; promette di salvarla con questo mezzo “».
Riflessioni e note
a) Nella Conca di Iria la Madonna aveva detto: «Verrò a chiedere la consacrazione della Russia al mio Cuore Immacolato». È Maria che porta Cristo che ci ha redenti con la croce; redenzione resa presente a noi nell’Eucaristia di cui sono «eco» i misteri del Rosario. Ed è, per Cristo, con Cristo e in Cristo, che noi diamo gloria alla Trinità Santissima.
In questa visione che assomma tutto il messaggio di Fatima, Maria è presente per ripetere: «Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente e santo è il suo nome: di generazione in generazione la sua misericordia su quelli che lo temono». È qui «come presenza operante insieme con la quale la Chiesa vuol vivere il mistero di Cristo» (M.C. -11).
b) Suor Lucia non trascurò di ricordare ai suoi confessori la richiesta della Madonna!
Il 29-5-1930 scrive al P Gonçalves: «Il buon Dio promette che finirà la persecuzione nella Russia se il santo Padre si degnerà fare e dare ordine ai vescovi del mondo cattolico che facciano pure loro solenne e pubblico atto di riparazione e consacrazione della Russia ai Cuori santissimi di Gesù e di Maria.
c) In realtà il vescovo di Leiria, alla fine del 1937, aveva scritto a Pio XI: «La superstite dei tre a cui è apparsa la Madonna ed ora Religiosa Dorotea, mi chiede di comunicare a vostra Santità che, secondo una rivelazione celeste, il buon Dio promette di porre termine alla persecuzione in Russia se VS si degnerà fare – e comanderà a tutti i vescovi del mondo di fare – un solenne e pubblico atto di riparazione e consacrazione della Russia ai Santissimi Cuori di Gesù e di Maria ed approvare la Comunione riparatrice nei primi sabati».
LA NOSTRA RISPOSTA AL MESSAGGIO DELLA MADONNA
LE GRANDI LINEE DI UN ITINERARIO
Gli avvenimenti di Fatima, – questi singolari interventi di Maria nella nostra storia, – non restano un episodio isolato, come un bel monumento nella storia. Essi sollecitano una risposta da parte nostra. Sono come un filo di grazia che attira e coinvolge la nostra collaborazione per intessere quella storia di salvezza che Dio ha disposto per i nostri tempi.
Ma se noi non accogliamo questo «filo di grazia», se non vi intessiamo attorno la nostra vita, noi veniamo meno alla nostra responsabilità di collaboratori con Dio nel costruire la storia.
Come accoglieremo dunque il Messaggio della Madonna?
1. Dobbiamo, anzitutto, credere nella missione che Iddio Le ha assegnata in ordine alla salvezza degli uomini.
2. Dobbiamo, attuare quella «conversione di vita» alla quale la Madonna ci chiama.
3. Dobbiamo, sentirci solidali con gli uomini e corresponsabili con loro nel piano della salvezza.
4. Dobbiamo esprimere questa presa di coscienza dei rapporti che abbiamo con Dio, con Maria, con il mondo e degli impegni che ne derivano, con un gesto veramente responsabile qual’è la «consacrazione o affidamento».
5. Dobbiamo vivere ogni giorno il nostro impegno e tenerlo nutrito con sagge pratiche di pietà.
6. E tutto questo piano di lavoro lo dobbiamo immedesimare con la nostra vita; dobbiamo sentirlo radicato nella nostra realtà di «Chiesa»; dobbiamo dilatarlo in tutte le nostre dimensioni di «Chiesa».
CREDERE ALLA MISSIONE DI MARIA
Gli interventi della Madonna a Fatima esprimono la missione che Iddio Le ha assegnata nella storia e si inseriscono nella economia mirabile di Grazia che avvolge tutta la storia della Chiesa, da quando essa nacque nel «sì» con cui Maria accolse la Volontà di Dio espressaLe dall’Angelo.
Noi affermiamo la missione di Maria con le parole stesse con cui Paolo VI, nella «Professione di fede del Popolo di Dio», nel 1968, esponeva l’insegnamento autentico della Chiesa. «Noi crediamo che Maria è la Madre, rimasta sempre vergine, del Verbo Incarnato Nostro Dio e salvatore Gesù Cristo, e che, a motivo di questa singolare elezione, Ella, in considerazione dei meriti di suo Figlio, è stata redenta in modo più eminente, preservata da ogni macchia del peccato originale, e colmata del dono della Grazia più che tutte le altre creature.
Associata ai misteri della Incarnazione e della Redenzione con un vincolo stretto e indissolubile, la Vergine santissima, l’Immacolata, al termine della sua vita terrena è stata elevata, in corpo e anima, alla gloria celeste e configurata a suo Figlio risorto, anticipando la sorte futura di tutti i giusti; e noi crediamo che la Madre Santissima di Dio, nuova Eva, Madre della Chiesa, continua in cielo il suo ufficio materno riguardo ai membri di Cristo, cooperando alla nascita e allo sviluppo della vita divina nelle anime dei redenti».
La Chiesa riconosce questa singolare e mirabile missione di Maria quando La chiama «Madre dei cristiani, Madre della Chiesa, Corredentrice del genere umano, Mediatrice della Grazia, Regina del Mondo…»
Con tale missione, Maria Santissima raggiunge ognuno di noi, nelle varie vicende della vita, negli innumerevoli rapporti che ci legano a varie comunità e ci inseriscono nella storia che si viene realizzando, dove ciascuno collabora con un proprio compito e una propria responsabilità.
Maria coopera con ognuno di noi, con la nostra famiglia, con la comunità in cui viviamo, con la santa Chiesa…
Chi può esprimere quanto vasto e profondo e potente sia il suo intervento nella storia, dal momento che Iddio volle che Ella fosse «madre di ognuno di noi e di tutta la Chiesa»? Ella «coopera con amore di madre alla rigenerazione e alla formazione dei fedeli» (LG. 63). La sua maternità nell’economia della Grazia «perdura … fino al perpetuo coronamento degli eletti e … con la sua molteplice intercessione continua ad ottenerci le grazie della salute eterna» (LG. 62).
Questo è l’insegnamento autentico della Chiesa e su di esso si fonda la nostra devozione a Maria. Gli interventi prodigiosi di Fatima non sono il fondamento della nostra fede, ma sono una «espressione», tra le molte di cui è ricca la storia della Chiesa, di quella missione salvifica che conosciamo e crediamo per il Magistero della Chiesa.
Nulla mancherebbe alla nostra fede circa la missione di Maria nelle sorti del mondo, anche se non avessimo i «segni» di Fatima. Questi «segni» però ci richiamano vigorosamente a considerare questa missione, ci aiutano a prenderne coscienza e ci stimolano a darvi una risposta nella nostra vita.
Sono come un richiamo e una freccia segnalatrice che ci indica una strada che avremmo già dovuto conoscere, ma si andava a rischio di trascurare.
La nostra devozione alla Madonna non è fondata su fatti straordinari, ma sulla parola di Dio annunciata a noi dalla Chiesa che è Maestra di verità.
ATTUARE LA «CONVERSIONE DELLA VITA»
Nella sua sostanza il Messaggio che la Madonna ci rivolge a Fatima è un pressante invito alla «conversione della vita». Quando esorta a non commettere più peccati, quando con parole e atteggiamento di profonda tristezza parla dei castighi del peccato, quando al peccato ricollega le tristi vicende che il mondo sta attraversando, – la guerra con i suoi orrori, – e le oscure previsioni per l’avvenire, quando esorta a pregare e a fare penitenza per i peccatori, quando mostra l’inferno «dove vanno a finire i peccatori», sempre risuona la parola di Gesù che è programma di tutta la storia della salvezza: «Convertitevi e credete al Vangelo» (Mc. 1,15); «Convertitevi e fate penitenza, se no perirete tutti» (Lc. 13,3-5).
Non è discorso di chi cerca facili applausi o vuol sedurre la gente per ammassare proseliti.
Ma chi non avverte l’estrema serietà e la insostituibilità di un tale richiamo?
Chi lo accoglie e si mette sulla via della penitenza, riconosce anzitutto di essere peccatore. È il primo passo della conversione.
Nell’umiltà di questa confessione, gli si aprono gli occhi e vede i suoi peccati; se ne riconosce colpevole; non cerca pretesti per scusarsene.
La confessione umile e pentita sboccia nella fiducia nella bontà di Dio che non vuole la morte del peccatore ma che si converta e si salvi.
La conversione è dunque la risposta di fede alla iniziativa salvifica di Dio e si esprime in quegli atti che sono la vera «penitenza del cuore»: conoscere i nostri peccati; riconoscerci «peccatori» cioè responsabili e colpevoli; detestare il male fatto e impegnarci per una vita nuova, avendo fiducia di poter realizzare questa «novità di vita» non per le nostre forze umane, ma per la Grazia di Dio: Grazia di Dio che è tutta compendiata nel mistero di Cristo, nella sua Persona di Figlio di Dio incarnato che ci assume e ci incorpora nella sua Incarnazione e si fa «compagno di viaggio», guida, maestro: «via, verità e vita».
La conversione è sostanza della vita cristiana. Alla conversione si richiama tutta l’attività liturgica: l’Eucaristia stessa non solo si apre con il richiamo alla conversione nell’atto penitenziale, ma ha come effetto la «remissione dei peccati», per cui viene offerto il «calice del sangue di Cristo che è nuova alleanza».
Frutto dell’Eucaristia è creare in noi un «cuore veramente penitente» che sa valorizzare lo «spazio di vera e fruttuosa penitenza» che la misericordia del Signore ci offre ogni giorno.
Una singolare sorgente di grazia per questo itinerario della conversione è il Sacramento della Penitenza. Esso rende più viva la consapevolezza che dobbiamo convertirci; attua, sviluppa e arricchisce gli atti con cui noi collaboriamo alla Grazia del Signore che ci converte; ci infonde un aumento di Grazia proprio perché realizziamo il proposito della conversione.
Nella spiritualità che si ispira al Messaggio di Fatima il sacramento della Penitenza, – la Confessione, – trova quel posto centrale e vitale che Cristo gli ha assegnato nella vita della Chiesa.
È un posto, purtroppo, che ai nostri giorni per molti sta diventando marginale, per causa di una non cristiana interpretazione antropologica che, non confrontando più l’uomo con Cristo, non sa più vederlo peccatore; come chi avesse perso il senso dell’«uomo sano» non saprebbe più riconoscere chi è un «malato».
La spiritualità di Fatima non accentuerà mai abbastanza l’impegno della conversione.
SENTIRCI CORRESPONSABILI
Ci sorprende che, a Fatima, ai tre veggenti – tre fanciulli che non potevano interessarsi che del loro paese, dei loro pascoli, delle loro pecore, dei loro giochi! – la Madonna parli delle sorti del mondo. Parla della guerra, della Russia, di nazioni che scompariranno, di avvenimenti mondiali… Anzi li interessa vivamente a tali avvenimenti, li esorta a sentirsene partecipi con la loro preghiera, con i sacrifici, richiamando a tali avvenimenti l’attenzione degli uomini…
Il cristiano non è mai un isolato.
Se egli non deve essere «del mondo» – come insegna Gesù, – vive però «nel mondo».
Anzi la sua missione si diffonde in tutto il mondo: «Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo…».
Egli è stato posto come «lievito nel mondo» e deve sentire l’impegno di diffondervi il fermento di Cristo.
Per il Vangelo che gli è stato affidato, per la fede e la Grazia che possiede, per la Chiesa di cui è parte, il cristiano deve sentirsi depositario dei beni in cui è la salvezza per tutti.
Deve quindi sentirsi responsabile di tutti; responsabile delle sorti del mondo.
L’autentica spiritualità cristiana è aperta verso tutti; impegna a lavorare per tutti; sospinge a farsi carico degli altri.
L’accusa sovente rivolta alla spiritualità di «allienare» dai problemi del mondo, di richiudere in un intimismo egoistico» è ingiusto nei riguardi della vera spiritualità.
Se talora i cristiani sembrano meritarla, è perché la loro spiritualità non è sincera, è superficiale, è solo apparente.
Chi si ispira al messaggio di Fatima deve sentire l’invito della Madonna a interessarsi del mondo intero.
E questo interessamento non si rinchiude solo nell’aspetto religioso. Ogni apertura di «partecipazione» alle molteplici attività della vita sociale, nel quartiere, nella scuola, nel sindacato, nella politica, nella cultura…- sollecita il cristiano ad essere presente, operoso, intraprendente; testimone sempre di Cristo e del progetto di uomo e di società che i cristiani professano alla luce del Vangelo.
LA CONSACRAZIONE O AFFIDAMENTO, ESPRESSIONE DI RAPPORTI E IMPEGNI
«Dobbiamo esprimere questa presa di coscienza dei rapporti che abbiamo con Dio, con Cristo, con Maria, con il mondo, – e degli impegni che ne derivano – con un gesto veramente responsabile, qual’è la consacrazione al Cuore Immacolato di Maria».
Nel Messaggio di Fatima si parla di «consacrazione» al Cuore Immacolato di Maria.
Vediamo in quali termini il Messaggio della Madonna si propone diventando garanzia di speranza.
1 – “Gesù vuole stabilire nel mondo la devozione al mio Cuore Immacolato—. (13-06-1917).
2 – “Verrò a chiedere la Consacrazione al mio Cuore Immacolato e la Comunione riparatrice nei primi sabati” (13-07-1917).
3 – “È arrivato il momento in cui Dio chiede che si faccia la Consacrazione della Russia al mio Cuore Immacolato in unione con tutti i Vescovi del mondo” (Tuy – 13/14-06-1929).
4 – “Sua Santità otterrà l’abbreviazione di queste tribolazioni… facendo l’atto di Consacrazione al Cuore Immacolato di Maria” (Tuy 20-10-1940).
5 – La consacrazione richiesta verrà ufficialmente fatta il 25 marzo 1984 dal S. Padre Giovanni Paolo II in Piazza San Pietro dopo tanti richiami e attese.
Da qualche tempo alla parola `consacrazione’ si preferisce quella di `affidamento’. Infatti il gesto solenne compiuto dal Santo Padre Giovanni Paolo II durante il Grande Giubileo, l’8 ottobre 2000, alla presenza di 1400 Vescovi convenuti da ogni regione del mondo, con la piazza gremita di fedeli, è stato l’affidamento al Cuore Immacolato di Maria per il terzo millennio.
I due termini esprimono la stessa realtà. Il termine ,consacrazione’ è più antico, quello di `affidamento’ sembra più adatto a sottolineare come la consacrazione del cristiano è quella battesimale (“battezzati nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo”) e affidarsi totalmente a Maria, che più di ogni altra creatura ha vissuto la sua consacrazione a Dio, diventa per noi ispirazione e richiamo ad essere come lei, incomparabile modello e sentirci aiutati costantemente dalla sua materna tenerezza a mantenerci fedeli alle promesse battesimali.
La consacrazione, prima di essere una richiesta di Maria, è chiamata di Dio, perchè “Dio ci ha scelti come primizie per la salvezza attraverso l’opera santificatrice dello Spirito” (II Tessalonicesi 2,13).
Chi fra tutte le creature ha saputo realizzare in se stessa questa primizia di salvezza, se non la Vergine Maria, attraverso la totale adesione al suo Signore?
Alla volontà di Dio che la coinvolge nel mistero dell’Incarnazione risponde: “Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto”, una obbedienza che dura tutta la vita, a Betlemme come a Nazareth, al Calvario come al Cenacolo.
Come Gesù ha voluto passare attraverso Maria per venire nel mondo e salvare l’uomo, così siamo invitati a passare attraverso Maria per arrivare a Dio.
“Guardare a Maria significa specchiare noi stessi in un modello che Dio ci ha donato per la nostra elevazione e la nostra santificazione” (Giovanni Paolo II).
L’apostolo di Fatima deve farsi promotore di una educazione che porti a capire la consacrazione e a farla con illuminata lealtà. E chi fa la consacrazione al Cuore Immacolato di Maria si preoccupi che non sia un gesto formalistico come sarebbe l’offerta di un mazzo di fiori o di una candela, ma abbia il suo profondo contenuto di fede, di consapevolezza dei rapporti che ci collegano con lei, di impegno leale verso di lei, per il bene della Chiesa e del mondo.
E non la si vive con alcuni occasionali gesti grandiosi, ma in quel tessuto umile, nascosto e sovente crocifiggente che è la vita quotidiana.
Ogni mattino dobbiamo rinnovare l’offerta delle proprie preghiere, delle azioni e dei sacrifici.
Lungo il giorno dobbiamo vigilare, con serenità e vigore, che ogni azione sia fedele all’orientamento del mattino; se ci si accorge di aver sbagliato, con umiltà e decisione, ci si riprende; si rettifica la strada …
È questa tenace fedeltà nel «vissuto» quotidiano che realizza l’amore di Dio, e ci fa camminare docili ai richiami dello Spirito Santo e ci rende «educabili» per le premure materne che Maria ha per noi.
Una tale fedeltà ha bisogno di alimentarsi come ha bisogno di fare il pieno di benzina una macchina. La alimentano la preghiera quotidiana – il Rosario! – e i Sacramenti.
La nostra spiritualità dev’essere attenta all’insistente richiamo al Rosario che viene da Fatima. Non per un gusto pietistico ma per i valori che il Rosario ci comunica.
Esso infatti «sviluppa una preghiera contemplativa, che è insieme di lode e di supplica ed ha una sua connaturale efficacia nel promuovere la vita cristiana e l’impegno apostolico» (M.C. 42).
«Preghiera evangelica», perché «dal Vangelo trae l’enunciato dei misteri e le principali formule; si ispira al Vangelo … per suggerire l’atteggiamento con cui il fedele deve recitarlo e del Vangelo propone un mistero fondamentale, l’Incarnazione del Verbo, contemplato nel momento decisivo dell’Annuncio fatto a Maria» (M.C. 44).
Tra le pratiche di pietà che il Messaggio di Fatima propone ha un risultato particolare il «Primo sabato» del mese (Pontevedra, 10 dicembre 1925).
Ci viene proposto, per quel giorno, la partecipazione all’Eucaristia, preparata dalla Confessione, la meditazione dei misteri della Redenzione e la recita del Rosario.
Confluiscono, in questo pio esercizio, come si vede, alcuni tra i più validi sussidi della vita cristiana. La partecipazione all’Eucaristia è sempre l’espressione più alta del mistero cristiano. È esercizio perfetto di fede: suppone la sincerità del cuore ché vuole far spazio a Cristo nella propria vita, per instaurare un rapporto personale con Lui nella fedeltà, nella sequela evangelica; suppone la lealtà di una volontà retta e sincera che, accogliendo Cristo e unendosi a Lui, si impegna a restare nel suo amore».
L’Eucaristia esprime e realizza la pienezza della vita cristiana; ne accresce la consapevolezza; stimola la lealtà; corrobora la volontà; opera con la misericordia e trasformante potenza di Cristo.
Alla partecipazione all’Eucaristia è collegata, nella prassi del Primo sabato, la confessione sacramentale. Essa può essere necessaria per ricuperare la Grazia di Cristo, se fossimo caduti in peccato mortale; cosa, purtroppo, sempre possibile!
In essa infatti Dio ci concede, «mediante il ministero della Chiesa, il perdono e la pace».
Ma anche se non fosse necessaria, ci viene suggerita la Confessione per la singolare efficacia che ha in ordine alla purificazione del cuore e alla coltivazione delle disposizioni morali che ci rendono capaci di piena partecipazione a Cristo nell’Eucaristia.
La Confessione, infatti, ci educa alla delicatezza di coscienza; favorisce lo spirito della «permanente conversione cristiana»; educa in noi un cuore veramente pentito; ci offre particolari soccorsi di Grazia per proseguire l’itinerario della nostra conversione; tiene desto l’impegno di lealtà e di fedeltà nella sequela di Cristo; ci arricchisce anche dei consigli e delle esortazioni del confessore.
Ben praticata, la Confessione mensile è un validissimo sussidio di vigorosa vita cristiana.
Chi si è preparato con la Confessione con sincerità di sentimenti e di propositi, in questo rifornimento di Grazia potrà attingere dalla meditazione dei misteri della Redenzione e dalla recita del Rosario tutta quella efficacia soprannaturale che ci educa alla conformità a Cristo e all’amore verso di Lui e ci fa vivere più sinceramente nell’unione con lui, «vivendo il mistero eucaristico» e impegnandoci nell’opera della salvezza del mondo.
Chi non vede quanto tutto ciò sia valido per la nostra formazione cristiana?
E chi non vede, in questa profonda opera di formazione in Cristo, l’aspetto più misterioso della missione materna di Maria, ispiratrice del «Primo sabato?».
INTEGRATI NELLA CHIESA
Un’autentica devozione alla Madonna, – qual’é quella con cui vogliamo rispondere al Messaggio di Fatima, – è una dimensione della vita cristiana; la segue quindi, in tutte le sue espressioni; fa parte di quel «vivere in un modo nuovo» che è dovere di quell’«uomo nuovo» che è il cristiano.
Ci serviremo dunque delle pratiche di pietà, dei pii esercizi che il Movimento di Fatima propone, per «vivere meglio»; attingeremo da essi aiuto e forza per la vita nuova del cristiano, in tutte le sue espressioni, nella famiglia, nei doveri sociali, nella responsabilità civica …
Il cristiano autentico è quello che è «testimone di Cristo» e «operaio del suo Regno». Questa è la prospettiva che il Movimento di Fatima ci propone e verso cui ci stimola.
Impegnato così con tutta la sua vita e nel pieno della storia, il cristiano sa di essere «Chiesa»: «partecipe di una grande “assemblea” di “chiamati”»; più ancora, partecipa del mistero di Cristo, come membro vivente del suo Corpo mistico. Vive quindi da «Chiesa».
Vive da «Chiesa» quando partecipa alla Liturgia, soprattutto alla Eucaristia; e sente il bisogno di parteciparvi. E quando vi partecipa porta questo «spirito di Chiesa». Non si rassegna mai ad essere un semplice spettatore; si sente «attore».
Vive da «Chiesa» nella sua comunità, – la sua parrocchia, – condividendo i vari impegni di evangelizzazione, di assistenza, di carità …
Vive da «Chiesa» nella sua diocesi, unito al suo Vescovo, impegnato con lui nel ministero del Vangelo. Vive da «Chiesa» nella sua regione, nella sua nazione, condividendo gli impegni apostolici, le attività ecclesiali; partecipando alle premure, alle scelte, alle sofferenze della Chiesa.
Vive da «Chiesa» nella sua storia, accettandone le speranze e le bufere; cogliendo le possibilità di bene e partecipando al mistero della Croce, di cui riconosce la singolare virtù costruttrice del Regno di Dio.
Il cristiano non è un pavido che si isola; non si sente estraneo a coloro con cui vive e alla storia in cui opera. Sempre si sente «testimone di Cristo» e «operaio del suo Regno».
Una vita cristiana vissuta in tale autenticità si dilata a tutte le «dimensioni della Chiesa».
– alla dimensione trinitaria: e sente, con fede viva, «l’amore del Divin Padre, la Grazia di Cristo e la comunione dello Spirito Santo»;
– alla dimensione cristologica: e sente, «Cristo cuore dell’universo; e Salvatore del mondo;
– alla dimensione pneumatologica: e crede alla presenza e all’opera trasformante e santificante dello Spirito Santo;
– alla dimensione mariana: e sente con fede la Maternità di Maria verso la Chiesa intera e verso ogni singolo cristiano;
– alla dimensione ecclesiale: e vive «nella Chiesa»; anzi «da Chiesa», con l’apertura antropologica, missionaria, ecumenica;
– alla dimensione escatologica: e non si stanca di contemplare la Madonna che «brilla al peregrinante Popolo di Dio quale segno di sicura speranza e di consolazione, fino a quando verrà il giorno del Signore» (LG 68).
In conclusione: la spiritualità dell’Apostolato di Fatima è un richiamo, uno stimolo, un aiuto a vivere l’autentica vita cristiana nella luce di Maria e con l’assistenza di Lei.
Tratto da: Edizioni «Il Cuore della Madre» – Apostolato Mondiale di Fatima Via Boccea, 1180 – 00166 ROMA Via Po, 30 – 10036 SETTIMO TORINESE
Con approvazione ecclesiastica. Edizione extracommerciale.
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