Archivio | 12 Maggio 2024

Pellegrinaggio a piedi al Santuario della Madonna del Divin Pianto (Cernusco sul Naviglio)

Tanti Auguri Cara Mamma del Cielo!

Tanti Auguri Cara Mamma del Cielo!

Innamorati di Maria

auguri mamma celeste

O Madre nostra dolcissima, i bambini hanno sempre sulle labbra il nome della mamma e in ogni pericolo subito la chiamano.

O Madre amorosissima, questo tu desideri: che noi come i piccoli bambini sempre ti chiamiamo, sempre ricorriamo a Te. Lascia che continuamente t’invochiamo e ti diciamo: Madre nostra, Madre nostra amabilissima! Questo nome tutto ci consola, ci intenerisce, ci ricorda d’amarti, ci spinge a confidare in Te. Madre nostra: così ti chiamiamo, così vogliamo sempre chiamarti, così ti vogliamo amare.

Rendici santi, come tu sei Santa; rendici figli degni di Te. Ci affidiamo a Te, o Maria, nostro rifugio e nostro amore. L’unica nostra speranza è Gesù tuo Figlio, e, dopo Gesù, sei tu Vergine Maria. Amen.

Tanti Auguri, Cara Mamma del Cielo!

All’unica Mamma, Madre delle madri, affido tutte le mamme italiane e del mondo intero

Giovanni Paolo II

REGINA COELI

Domenica, 8 maggio 1994

Ascensione del Signore

Ascensione del Signore
Innamorati di Maria

ascensione

L’Ascensione di Gesù al Cielo, è la grandiosa conclusione della permanenza visibile di Dio fra gli uomini, preludio della Pentecoste, inizia la storia della Chiesa e apre la diffusione del cristianesimo nel mondo.

Senso biblico del termine ‘Ascensione’
Secondo una concezione spontanea e universale, riconosciuta dalla Bibbia, Dio abita in un luogo superiore e l’uomo per incontrarlo deve elevarsi, salire.
L’idea dell’avvicinamento con Dio, è data spontaneamente dal monte e nell’Esodo (19, 3), a Mosè viene trasmessa la proibizione di salire verso il Sinai, che sottintendeva soprattutto quest’avvicinamento al Signore; “Delimita il monte tutt’intorno e dì al popolo; non salite sul monte e non toccate le falde. Chiunque toccherà le falde sarà messo a morte”.
Il comando di Iavhè non si riferisce tanto ad una salita locale, ma ad un avvicinamento spirituale; bisogna prima purificarsi e raccogliersi per poter udire la sua voce. Non solo Dio abita in alto, ma ha scelto i luoghi elevati per stabilirvi la sua dimora; anche per andare ai suoi santuari bisogna ‘salire’.
Così lungo tutta la Bibbia, i riferimenti al ‘salire’ sono tanti e continui e quando Gerusalemme prende il posto degli antici santuari, le folle dei pellegrini ‘salgono’ festose il monte santo; “Ascendere” a Gerusalemme, significava andare a Iavhè, e il termine, obbligato dalla reale posizione geografica, veniva usato sia dalla simbologia popolare per chi entrava nella terra promessa, come per chi ‘saliva’ nella città santa.
Nel Nuovo Testamento, lo stesso Gesù ‘sale’ a Gerusalemme con i genitori, quando si incontra con i dottori nel Tempio e ancora ‘sale’ alla città santa, quale preludio all’”elevazione” sulla croce e alla gloriosa Ascensione.

I testi che segnalano l’Ascensione
I Libri del Nuovo Testamento contengono sporadici accenni al mistero dell’Ascensione; i Vangeli di Matteo e di Giovanni non ne parlano e ambedue terminano con il racconto di apparizioni posteriori alla Resurrezione.
Marco finisce dicendo: “Gesù… fu assunto in cielo e si assise alla destra di Dio” (XVI, 10); ne parla invece Luca: “Poi li condusse fin verso Betania, e alzate le mani, li benedisse. E avvenne che nel benedirli si staccò da loro e fu portato verso il cielo” (XXIV, 50-51).
Ancora Luca negli Atti degli Apostoli, attribuitigli come autore sin dai primi tempi, al capitolo iniziale (1, 11), colloca l’Ascensione sul Monte degli Ulivi, al 40° giorno dopo la Pasqua e aggiunge: “Detto questo, fu elevato in alto sotto i loro occhi e una nube lo sottrasse al loro sguardo. E poiché essi stavano fissando il cielo mentre egli se ne andava, ecco due uomini in bianche vesti si presentarono a loro e dissero: Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo? Questo Gesù, che è stato tra di voi assunto fino al cielo, tornerà un giorno allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo”.
Gli altri autori accennano solo saltuariamente al fatto o lo presuppongono, lo stesso s. Paolo pur conoscendo il rapporto tra la Risurrezione e la glorificazione, non si pone il problema del come Gesù sia entrato nel mondo celeste e si sia trasfigurato; infatti nelle varie lettere egli non menziona il passaggio dalla fase terrestre a quella celeste.
Ma essi ribadiscono l’intronizzazione di Cristo alla destra del Padre, dove rimarrà fino alla fine dei secoli, ammantato di potenza e di gloria; “Se dunque siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove Cristo sta assiso alla destra di Dio; pensate alle cose di lassù, non a quelle della terra; siete morti infatti, e la vostra vita è nascosta conCristo in Dio!” (Colossesi, 3, 1-3).

I dati storici dell’Ascensione
Luca, il terzo evangelista, negli “Atti degli Apostoli” specifica che Gesù dopo la sua passione, si mostrò agli undici apostoli rimasti, con molte prove, apparendo loro per quaranta giorni e parlando del Regno di Dio; bisogna dire che il numero di ‘quaranta giorni’ è denso di simbolismi, che ricorre spesso negli avvenimenti del popolo ebraico errante, ma anche con Gesù, che digiunò nel deserto per 40 giorni.
San Paolo negli stessi ‘Atti’ (13, 31) dice che il Signore si fece vedere dai suoi per “molti giorni”, senza specificarne il numero, quindi è ipotesi attendibile, che si tratti di un numero simbolico.
L’Ascensione secondo Luca, avvenne sul Monte degli Ulivi, quando Gesù con gli Apostoli ai quali era apparso, si avviava verso Betania, dopo aver ripetuto le sue promesse e invocato su di loro la protezione e l’assistenza divina, ed elevandosi verso il cielo come descritto prima (Atti, 1-11).
Il monte Oliveto, da cui Gesù salì al Cielo, fu abbellito da sant’Elena, madre dell’imperatore Costantino con una bella basilica; verso la fine del secolo IV, la ricca matrona Poemenia edificò un’altra grande basilica, ricca di mosaici e marmi pregiati, sul tipo del Pantheon di Roma, nel luogo preciso dell’Ascensione segnato al centro da una piccola rotonda.
Poi nelle alterne vicende che videro nei secoli contrapposti Musulmani e Cristiani, Arabi e Crociati, alla fine le basiliche furono distrutte; nel 1920-27 per voto del mondo cattolico, sui resti degli scavi fu eretto un grandioso tempio al Sacro Cuore, mentre l’edicola rotonda della chiesa di Poemenia, divenne dal secolo XVI una piccola moschea ottagonale.

Il significato dell’Ascensione
San Giovanni nel quarto Vangelo, pone il trionfo di Cristo nella sua completezza nella Resurrezione, e del resto anche gli altri evangelisti, dando scarso rilievo all’Ascensione, confermano che la vera ascensione, cioè la trasfigurazione e il passaggio di Gesù nel mondo della gloria, sia avvenuta il mattino di Pasqua, evento sfuggito ad ogni esperienza e fuori da ogni umano controllo.
Quindi correggendo una mentalità sufficientemente diffusa, i testi evangelici invitano a collocare l’ascensione e l’intronizzazione di Gesù alla destra del Padre, nello stesso giorno della sua morte, egli è tornato poi dal Cielo per manifestarsi ai suoi e completare la sua predicazione per un periodo di ‘quaranta’ giorni.
Quindi l’Ascensione raccontata da Luca, Marco e dagli Atti degli Apostoli, non si riferisce al primo ingresso del Salvatore nella gloria, quanto piuttosto l’ultima apparizione e partenza che chiude le sue manifestazioni visibili sulla terra.
Pertanto l’intento dei racconti dell’Ascensione non è quello di descrivere il reale ritorno al Padre, ma di far conoscere alcuni tratti dell’ultima manifestazione di Gesù, una manifestazione di congedo, necessaria perché Egli deve ritornare al Padre per completare tutta la Redenzione: “Se non vado non verrà a voi il Consolatore, se invece vado ve lo manderò” (Giov. 16, 5-7).
Il catechismo della Chiesa Cattolica dà all’Ascensione questa definizione: “Dopo quaranta giorni da quando si era mostrato agli Apostoli sotto i tratti di un’umanità ordinaria, che velavano la sua gloria di Risorto, Cristo sale al cielo e siede alla destra del Padre. Egli è il Signore, che regna ormai con la sua umanità nella gloria eterna di Figlio di Dio e intercede incessantemente in nostro favore presso il Padre. Ci manda il suo Spirito e ci dà la speranza di raggiungerlo un giorno, avendoci preparato un posto”.

La celebrazione della festa liturgica e civile
La prima testimonianza della festa dell’Ascensione, è data dallo storico delle origini della Chiesa, il vescovo di Cesarea, Eusebio (265-340); la festa cadendo nel giovedì che segue la quinta domenica dopo Pasqua, è festa mobile e in alcune Nazioni cattoliche è festa di precetto, riconosciuta nel calendario civile a tutti gli effetti.
In Italia previo accordo con lo Stato Italiano, che richiedeva una riforma delle festività, per eliminare alcuni ponti festivi, la CEI ha fissato la festa liturgica e civile, nella domenica successiva ai canonici 40 giorni dopo Pasqua.
Al giorno dell’Ascensione si collegano molte feste popolari italiane in cui rivivono antiche tradizioni, soprattutto legate al valore terapeutico, che verrebbe conferito da una benedizione divina alle acque (o in altre regioni alle uova).
A Venezia aveva luogo una grande fiera, accompagnata dallo ‘Sposalizio del mare’, cerimonia nella quale il Doge a bordo del ‘Bucintoro’, gettava nelle acque della laguna un anello, per simboleggiare il dominio di Venezia sul mare; a Bari la benedizione delle acque marine, a Firenze si celebra la ‘Festa del grillo’.

Preghiere
Padre, che nell’Ascensione di Tuo Figlio proclami la Sua gloriosa Resurrezione e indichi a noi la nostra futura destinazione, donaci la volontà di inserire questa destinazione, il nostro futuro, cioè, nella vita di tutti i giorni, come presenza che ci liberi dalle strette frontiere delle cose terrene e ci dia la forza di sopportarne i momenti difficili.

Signore Gesù, invia il tuo Spirito, perché ci aiuti a leggere la Scrittura con lo stesso sguardo, con il quale l’hai letta Tu per i discepoli sulla strada di Emmaus. Con la luce della Parola, scritta nella Bibbia, Tu li aiutasti a scoprire la presenza di Dio negli avvenimenti sconvolgenti della tua condanna e della tua morte. Così, la croce che sembrava essere la fine di ogni speranza, è apparsa loro come sorgente di vita e di risurrezione. Crea in noi il silenzio per ascoltare la tua voce nella creazione e nella Scrittura, negli avvenimenti e nelle persone, soprattutto nei poveri e sofferenti. La tua Parola ci orienti, affinché anche noi, come i due discepoli di Emmaus, possiamo sperimentare la forza della tua risurrezione e testimoniare agli altri che Tu sei vivo in mezzo a noi come fonte di fraternità, di giustizia e di pace. Questo noi chiediamo a Te, Gesù, figlio di Maria, che ci hai rivelato il Padre e inviato lo Spirito. Amen.

Novena a Santa Gemma Galgani ( 6 )

Novena a Santa Gemma Galgani
Sesto giorno
Innamorati di Maria

Soffrire di un soffrire dolce

“Quando io sarò innalzato da terra attirerò tutti a me” (Gv 12, 32) “Sono stato crocifisso con Cristo e non sono più io che vivo, ma è Cristo che vive in me” (Gal 2, 19s) “Quanto a me non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo, per mezzo della quale il mondo per me è stato crocifisso, come io per il mondo.” (Gal 6, 14)

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Prima Orazione


O Dio, che hai reso la vergine santa Gemma Galgani immagine del tuo Figlio crocifisso, donaci, per sua intercessione, di partecipare ai patimenti di Cristo, per meritare di essere associati alla sua gloria. Per Cristo nostro Signore. Amen. (Dalla liturgia della Chiesa)

Su Gemma si caricarono le croci più pesanti: orfanezza, povertà, malattia, dolore. E, in modo mistico ma molto reale, quelle stesse croci che sopportò Gesù: solitudine interiore, sudore di sangue, piaghe sanguinanti nelle mani e nel costato, abbandono da Dio Padre. Dio scelse Gemma perché fosse, dietro Gesù, vittima per i peccati del mondo.

Gemma assimilò il mistero e la realtà della croce di Gesù accettando con amore le croci della propria vita nel modo più perfetto che è possibile per una creatura.

Gemma né temette né respinse mai la croce. La apprezzò e la abbracciò. Sin da piccola, il mistero di Gesù che muore sulla croce fece colpo su di lei in modo profondissimo. “Voglio amarlo e amarlo fino al sacrificio… Dopo aver visto Gesù è nato in me un grande desiderio di patire qualcosa per lui, vedendo ciò che egli aveva patito per me“. “Gesù, non averne dubbio; Gemma ti seguirà fino al Calvario“.

Gemma era chiaramente consapevole della sua vocazione di vittima per i peccatori. Abbracciò il dolore con amore. Per questo soffriva con Gesù e come Gesù. Diceva: “con un soffrire dolce“.

Per Gemma, il peccato è “offesa all’Amore Supremo“. “Per redimerlo soffrì e morì lo stesso Figlio di Dio“. Prosegue: “Gesù, non abbandonare i peccatori. Voglio che li salvi tutti. Voglio che li salvi insieme a me“.

Nella sala da pranzo di casa Giannini c’era, e tuttora si conserva, un Crocifisso di grandi dimensioni. Davanti ad esso Gemma trascorre lunghe ore di meditazione e di estasi. Dimentica dei suoi dolori, pensando sempre al dolore di Gesù e alle sofferenze altrui.

Un giorno, fissando il Crocifisso, si impadronì di me un dolore talmente grande che caddi per terra senza sensi“.

Anche in Gemma il Signore adempì la sua promessa: “innalzato da terra attirerò tutti a me“. Ed essa proclamò con la parola e lungo tutta la sua vita: “sono crocifissa con Cristo“.

Spunti di Riflessione


• La croce è “sapienza di Dio”. Santa Gemma imparò a scoprire il valore delle croci di tutti i giorni, apprezzando molto la morte di Gesù sulla croce. La croce di Gesù dà senso a tutti le croci, per quanto siano grandi.

• “Chi ama non soffre”. L’amore tende ad assimilare la vita e l’anima della persona amata. Per Gemma soffrire non era solo soffrire ma “vivere come ha vissuto l’amato Gesù”. Se conosci e ami davvero Gesù soffrirai meno perché amerai molto di più.

Preghiera dei Fedeli


Il Signore ha detto: “Il mio giogo è soave e il mio carico leggero”. Perché, come santa Gemma, non riteniamo la croce di ogni giorno un peso insopportabile ma un mezzo per imitare Gesù e vivere accanto a lui, preghiamo.

Per intercessione di santa Gemma, ascolta, Signore, la nostra preghiera.

Perché i malati cronici e coloro che portano le croci più pesanti, offrano i loro dolori al Signore come santa Gemma con amore e serenità cristiana, preghiamo.

Per intercessione di santa Gemma, ascolta, Signore, la nostra preghiera.

Perché non ci lascino mai indifferenti i dolori e le croci dei nostri fratelli e imitando santa Gemma offriamo a Cristo le nostri croci per la salvezza di tutti, preghiamo.

Per intercessione di santa Gemma, ascolta, Signore, la nostra preghiera.

Preghiera Finale


Signore, Tu hai portato la croce fisica, la croce di legno e la croce del peccato e del dolore dell’umanità. Tu hai scelto santa Gemma come vittima con te per i peccati del mondo.

Essa trovò nella tua croce il segreto per portare con gioia le sue molte croci e aiutare gli altri a portare le loro. Fà che anch’io trovi nella tua croce sprone e fortezza per portare la mia croce con Te ogni giorno.

Aiutami, Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli. Amen.

(Si può recitare anche un Pater, Ave, Gloria.)

S. Leopoldo Mandic

Note: Il Martirologio Romano mette la festa il 30 luglio. Normalmente il santo o il beato si ricorda nel giorno della morte a meno che per motivi liturgici o pastorali segnalati da chi ha la responsabilità e valutati dal Maestro delle Cerimonie liturgiche prima della beatificazione o canonizzazione non stabilisca diversamente. Nel caso di san Leopoldo è stato chiesto, dopo la canonizzazione, la festa nel giorno non della morte ma della nascita (12 maggio), data nella quale è festeggiato dall’Ordine dei Fancescani Cappuccini.

S. Leopoldo Mandic

Innamorati di Maria

s.leopoldo

Leopoldo nacque a Castelnovo I (Herceg-Novi) alle Bocche di Cattaro (Kotor) il 12 maggio 1866, undecimo dei dodici figli della pia e laboriosa famiglia croata di Pietro Mandic e di Carlotta Carevic. Al battesimo ricevette il nome di Bogdan (Adeodato) Giovanni. Suo bisnonno paterno Nicola Mandic era oriundo da Poljica, nell’arcidiocesi di Spalato (Split), dove i suoi antenati – ” signori Bosniaci ” – erano venuti dalla Bosnía, nel lontano secolo XV.

Fin da ragazzo, Bogdan dimostrò un carattere forte, ma si rivelò in lui anche una spiccata pietà, la nobiltà d’animo e l’impegno nella scuola. Presto egli si sentì portato alla vita religiosa. A Castelnovo in quel tempo prestavano la loro opera i PP. Cappuccini della Provincia Veneta, e Bogdan maturò la decisione di entrare nell’Ordine dei Cappuccini. Fu accolto prima nel seminario serafico di Udine e poi, diciottenne, il 2 maggio 1884 – a Bassano del Grappa (Vicenza) – vestì l’abito religioso, ricevendo il nuovo nome di fra Leopoldo e impegnandosi a vivere la regola e lo spirito di s. Francesco d’Assisi. Continuò gli studi filosofici e teologici a Padova e a Venezia, dove – nella basilica della Madonna della Salute – fu ordinato sacerdote, il 20 settembre 1890. Sin dal 1887, fra Leopoldo si era sentito chiamato, più volte e ” chiaramente “, a promuovere l’unione dei cristiani orientali separati con la Chiesa cattolica. Ma come realizzare questa vocazione? Causa l’esile costituzione fisica e un difetto di pronuncia, non poté dedicarsi alla predicazione. I superiori pertanto lo destinarono a servizio delle anime, quale ministro della riconciliazione. Fu confessore in varie città: Venezia, Zara, Bassano del Grappa, Thiene al santuario della Madonna dell’Olmo e, dall’ottobre 1909, a Padova. Nel 1923 fu trasferito a Fiume (Rijeka), ma dopo poche settimane, su insistenti richieste dei Padovani, ebbe l’ordine di ritornare nella loro città, dove rimase fino alla morte, 30 luglio 1942.
Lì, nella sua angusta cella-confessionale continuò ad accogliere numerosissimi penitenti, ascoltandoli con pazienza, incoraggiando e consolando, riportando la pace di Dio nelle anime e ottenendo talvolta anche delle grazie di ordine temporale. Durante il gelido inverno e l’afosa estate, senza vacanze, tormentato da varie malattie, fino all’ultimo giorno rimase a servizio delle anime, divenendo un vero martire del confessionale.
Tutto ciò però, egli lo faceva tenendo sempre presente quella che egli stesso riteneva la missione primaria della sua vita: cioè l’essere utile al suo popolo e all’unione delle Chiese. Non avendo potuto darsi all’apostolato tra i fratelli separati orientali, si impegnò con voto, più volte ripetuto, di offrire tutto – preghiere, sofferenze, ministero, vita – a questo scopo. Pertanto, in ogni anima che chiedesse il suo ministero, egli aveva deciso di vedere il ” suo Oriente “.
Ma non per questo in lui venne meno il desiderio di servire il suo popolo anche con la presenza fisica. Disse un giorno ad un amico: ” Preghi la Padrona Benedetta di farmi la grazia che, dopo aver compiuta la mia missione a Padova, possa portare le mie povere ossa in mezzo al mio popolo per il bene di quelle anime. Da Padova, per ora, non c’è verso di poter scappare; mi vogliono qui, ma io sono come un uccellino in gabbia: il mio cuore è sempre di là del mare “. Anche quest’ansia faceva parte di quel sacrificio per cui il p. Leopoldo merita di essere considerato uno dei più grandi precursori ed apostoli dell’ecumenismo. Mentre era in vita, la sua missione rimase nascosta; ora essa appare grandiosa di fronte a tutta la Chiesa. Il beato Leopoldo addita la via dell’unità di tutti i cristiani, che è la via del sacrificio e della preghiera perché ” tutti siano una cosa sola ” (Gv 17, 21).

Nel 1942 lo portano in ospedale trova modo di confessare anche lì. Gli riscontrano però un tumore all’esofago. Torna allora in convento e muore il 30 luglio 1942, dopo aver tentato ancora di vestirsi per la Messa. E via via, come ha detto Paolo VI beatificandolo nel 1976, “la vox populi sulle sue virtù, invece che placarsi col passare del tempo, si è fatta più insistente, più documentata e più sicura”.
Nel 1946 si avviarono i processi informativi per la beatificazione. Il 1° marzo 1974 fu emanato il Decreto sulla eroicità delle virtù del Servo di Dio, e il 12 febbraio 1976 seguì il Decreto sui miracoli attribuiti alla sua intercessione.
Finalmente è venuto il giorno della solenne beatificazione, decretata da Paolo VI, il Papa del Concilio Vaticano II e dell’intensa dedizione per l’ecumenismo.
Il 2 maggio 1976 venne proclamato “Beato” da Paolo VI.
Quattro circostanze rendono particolarmente toccante il faustissimo evento della canonizzazione: avviene entro l’Anno Santo straordinario della Redenzione; durante lo svolgimento del Sinodo dei Vescovi che ha per tema la ” Riconciliazione “; nel giorno – 16 ottobre 1983 – che coincide col quinto anniversario dell’elezione al Pontificato di Giovanni Paolo II; e in cui si ricorda anche il suo 25° di Episcopato.

Il Martirologio Romano mette la festa il 30 luglio. Normalmente il santo o il beato si ricorda nel giorno della morte a meno che per motivi liturgici o pastorali segnalati da chi ha la responsabilità e valutati dal Maestro delle Cerimonie liturgiche prima della beatificazione o canonizzazione non stabilisca diversamente. Nel caso di san Leopoldo è stato chiesto, dopo la canonizzazione, la festa nel giorno non della morte ma della nascita (12 maggio).
http://www.vatican.va/news_services/liturgy/saints/ns_lit_doc_19831016_mandic_it.html

http://www.santibeati.it/dettaglio/52950

Frasi di San Leopoldo Mandic

– Quando il Padrone Iddio ci tira per la briglia, direttamente o indirettamente, lo fa sempre da Padre, con infinita bontà. Cerchiamo di comprendere questa mano paterna che con infinito amore si degna di prendersi cura di noi.

– Non c’è tradimento che si uguagli al tradimento dell’affetto nel matrimonio.

– L’amore di Gesù, non si stanca di ripetere, è un fuoco che viene alimentato con la legna del sacrificio e l’amore della croce; se non viene nutrito così, si spegne.

– Venne chiesto un giorno a Padre Leopoldo: Padre, come capisce lei le parole del Signore: Che colui che vuol seguirmi, prenda tutti i giorni la sua croce? Dobbiamo per questo fare penitenze straordinarie? – Non è il caso di fare penitenze straordinarie, rispose. Basta che sopportiamo con pazienza le tribolazioni ordinarie della nostra misera vita: le incomprensioni, le ingratitudini, le umiliazioni, le sofferenze occasionate dai cambiamenti di stagione e dell’atmosfera in cui viviamo…

– Abbiamo in Cielo il cuore di una madre. La Vergine, nostra Madre, che ai piedi della Croce ha provato tutta la sofferenza possibile per una creatura umana, comprende i nostri guai e ci consola.

Orazioni a San Leopoldo

– O Dio, Padre onnipotente, tu hai arricchito san Leopoldo con l’abbondanza della tua grazia; concedi a noi, per sua intercessione, di vivere nell’abbandono alla tua volontà, nella speranza della tua promessa, nell’amore della tua presenza.

– O Dio, tu manifesti la tua onnipotenza soprattutto nella misericordia e nel perdono e hai voluto che san Leopoldo ne fosse tuo fedele testimone; per i suoi meriti, concedi a noi di celebrare, nel sacramento della Riconciliazione, la grandezza del tuo amore.

– O Dio nostro Padre, in Cristo tuo Figlio, morto e risorto, hai redento ogni nostro dolore e hai voluto san Leopoldo paterna presenza di consolazione; infondi nelle nostre anime la certezza della tua presenza e del tuo aiuto.

– O Dio, fonte di comunione per tutti i tuoi figli, tu hai voluto Cristo unico pastore della tua Chiesa; per l’intercessione di san Leopoldo, silenzioso profeta dell’ecumenismo spirituale, infondi in noi il tuo Spirito, perché sappiamo pregare e donare la vita per l’unità di tutti i credenti in te.

– O Dio, tu hai voluto Maria madre di Cristo e della Chiesa e hai allietato la vita di san Leopoldo con una tenera devozione alla Madonna; consola la nostra vita con la grazia della sua bontà materna.

– O Dio, Signore glorioso e Padre della vita, affidiamo al tuo amore le nostre speranze e le nostre preghiere; per l’intercessione di san Leopoldo guarda con benevolenza ai tuoi figli ed esaudisci le nostre umili domande.

LA FORZA STRAORDINARIA DEL ROSARIO

LA FORZA STRAORDINARIA DEL ROSARIO

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La corona del Rosario è come il bastone di Mosè, da tenere sempre in tasca, questo bastone è quello che ci difende. Come Mosé ha toccato la roccia con il suo bastone ed è venuta l’acqua, la Madonna ci da questa corona come difesa dal male, dal maligno.
Portiamolo sempre con noi, anche quando non la usiamo: “La corona del Rosario sia sempre nelle vostre mani, come segno per satana che appartenete a me” (Medjugorje, 25 febbraio 1988)

Padre Jozo dice a proposito del Rosario: “I 5 misteri sono le 5 pietre di David contro Golia. David, un ragazzino, ha sconfitto il gigante che nessuno riusciva a sconfiggere, neanche gli eserciti. Ecco le 5 pietre che dovete sempre usare per sconfiggere il male. Pregate con il Rosario“.


S. Vincenzo de Paoli:

“Dopo la S. Messa, la devozione al Rosario ha fatto scendere sulle anime più miracoli di ogni altra preghiera.”

Il Santo Curato d’Ars:
“Una sola “Ave Maria” ben detta fa tremare l’inferno.”

San Luigi Maria De Montfort:
“L’Ave Maria ben detta (col cuore con attenzione, devozione e modestia), secondo i Santi è il nemico che mette in fuga il diavolo, il martello che lo schiaccia, la santificazione e fecondità nell’anima, la gioia degli angeli, la melodia dei predestinati, il cantico del Nuovo Testamento, la gloria della SS. Trinità, il piacere di Maria, un bacio casto e amoroso che le si dà…. ”

San Giovanni Bosco:
“il Rosario è una continuazione di Ave Maria, con le quali si possono battere, vincere, distruggere tutti i demoni dell’inferno.”

Lucia di Fatima:
“per il potere che il Padre ha dato, in questi ultimi tempi, al Rosario non c’è problema personale, nè familiare, nè nazionale, nè internazionale, che non si possa risolvere con il Rosario.”

Giovanni Paolo II ai giovani:

Il 16 ottobre 2002 ho proclamato l'”Anno del Rosario” ed ho invitato tutti i figli della Chiesa a fare di questa antica preghiera mariana un esercizio semplice e profondo di contemplazione del volto di Cristo. Recitare il Rosario significa infatti imparare a guardare Gesù con gli occhi di sua Madre, amare Gesù con il cuore di sua Madre.
Consegno oggi idealmente anche a voi, cari giovani, la corona del Rosario. Attraverso la preghiera e la meditazione dei misteri, Maria vi guida con sicurezza verso il suo Figlio! Non vergognatevi di recitare il Rosario da soli, mentre andate a scuola, all’università o al lavoro, per strada e sui mezzi di trasporto pubblico; abituatevi a recitarlo tra voi, nei vostri gruppi, movimenti e associazioni; non esitate a proporne la recita in casa, ai vostri genitori e ai vostri fratelli, poiché esso ravviva e rinsalda i legami tra i membri della famiglia. Questa preghiera vi aiuterà ad essere forti nella fede, costanti nella carità, gioiosi e perseveranti nella speranza.

Satana costretto nel nome di Dio dall’esorcista, ha dovuto parlare del Rosario. Ecco perché, in un celebre esorcismo, Satana in persona, fu costretto ad affermare: “Dio ha dato a Lei (la Madonna) il potere di scacciarci, e Lei lo fa con il Rosario, che ha reso potente. Per questo il Rosario è la preghiera più forte, la più esorcizzante. Esso è il nostro flagello, la nostra rovina, la nostra sconfitta… il Rosario ci vince sempre, ed è la sorgente di grazie incredibili per quanti lo recitano per intero (15 misteri). Per questo noi lo avversiamo e lo combattiamo con tutte le nostre forze, ovunque, ma specialmente nelle Comunità, la cui forza spezzerebbe ogni nostra resistenza. Molte di esse lo sanno: non vi è male che possa resistere a un Rosario intero comunitario“.

don Gabriele Amorth:
“È più che mai vivo il ricordo della lettera Apostolica “Rosarium Virginis Mariae“, con la quale Giovanni Paolo II, il 16 ottobre del 2002, incoraggiava di nuovo la cristianità a ricorrere a questa preghiera, così caldamente raccomandata da tutti gli ultimi pontefici e dalle ultime apparizioni mariane. Anzi, per rendere più completa quella prece che Paolo VI definiva “compendio di tutto il Vangelo“, aggiungeva i “misteri della luce”: cinque misteri riguardanti la vita pubblica di Gesù. Sappiamo bene come Padre Pio chiamava la corona: l’arma. Arma di straordinaria potenza contro Satana.
Un giorno un mio collega esorcista si sentì dire dal demonio: “Ogni Ave è come una mazzata sul mio capo; se i cristiani conoscessero la potenza del Rosario per me sarebbe finita“.
Ma quale è il segreto che rende tanto efficace questa preghiera? È che il Rosario è insieme preghiera e meditazione; preghiera rivolta al Padre, alla Vergine, alla SS. Trinità; ed è insieme meditazione cristocentrica. Infatti, come espone il S. Padre nella Lettera Apostolica citata, il Rosario è preghiera contemplativa: si ricorda Cristo con Maria, si impara Cristo da Maria, ci si conforma a Cristo con Maria, si supplica Cristo con Maria, si annuncia Cristo con Maria.”

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A questa preghiera è anche bello e fruttuoso affidare l’itinerario di crescita dei figli. Non è forse, il Rosario, l’itinerario della vita di Cristo, dal concepimento, alla morte, fino alla resurrezione e alla gloria? Diventa oggi sempre più arduo per i genitori seguire i figli nelle varie tappe della vita. Nella società della tecnologia avanzata, dei mass media e della globalizzazione, tutto è diventato così rapido e la distanza culturale tra le generazioni si fa sempre più grande. I più diversi messaggi e le esperienze più imprevedibili si fanno presto spazio nella vita dei ragazzi e degli adolescenti, e per i genitori diventa talvolta angoscioso far fronte ai rischi che essi corrono. Si trovano non di rado a sperimentare delusioni cocenti, constatando i fallimenti dei propri figli di fronte alla seduzione della droga, alle attrattive di un edonismo sfrenato, alle tentazioni della violenza, alle più varie espressioni del non senso e della disperazione.

Pregare col Rosario per i figli, e ancor più con i figli, educandoli fin dai teneri anni a questo momento giornaliero di « sosta orante » della famiglia, non è, certo, la soluzione di ogni problema, ma è un aiuto spirituale da non sottovalutare. Si può obiettare che il Rosario appare preghiera poco adatta al gusto dei ragazzi e dei giovani d’oggi. Ma forse l’obiezione tiene conto di un modo di praticarlo spesso poco accurato. Del resto, fatta salva la sua struttura fondamentale, nulla vieta che per i ragazzi e i giovani la recita del Rosario – tanto in famiglia quanto nei gruppi – si arricchisca di opportuni accorgimenti simbolici e pratici, che ne favoriscano la comprensione e la valorizzazione. Perché non provarci? Una pastorale giovanile non rinunciataria, appassionata e creativa – le Giornate Mondiali della Gioventù me ne hanno dato la misura! – è capace di fare, con l’aiuto di Dio, cose davvero significative. Se il Rosario viene ben presentato, sono sicuro che i giovani stessi saranno capaci di sorprendere ancora una volta gli adulti, nel far propria questa preghiera e nel recitarla con l’entusiasmo tipico della loro età.

Giovanni Paolo II, Rosarium Virginis Mariae