Archivio | 22 Maggio 2024

Mamma Celeste a casa nostra! Il mese di maggio volge al termine.

Mamma Celeste a casa nostra!
Innamorati di Maria

Madonna di Fatima in Vaticano
Carissimi amici,
maggio è il mese mariano per eccellenza.
La Mamma Celeste anche quest’anno ci chiede di accoglierla nelle nostre case, nelle nostre famiglie e nel nostro cuore.
Conoscerete bene infatti l’usanza di ospitare nelle case un’immagine o una statua della Madonna pellegrinain Innamorati di Maria da più di 20 anni abbiamo invece la tradizione di ospitarne un’immagine tramite il nostro PC: è un gesto simbolico, ma che serve a dimostrare il nostro desiderio ad accogliere l’Immacolata nelle nostre vite, è un piccolo segno del nostro amore e della nostra disponibilità a vivere con Lei, come fece Giovanni ai piedi della croce.
La Madonna Pellegrina verrà inviata agli iscritti che ne faranno richiesta, come una consegna da un cuore all’altro fino ad entrare nelle case di tutti gli Innamorati di Maria che desiderano accoglierla.
Quando riceveremo l’immagine della Madonna Pellegrina, la terremo con noi per una giornata, per pregare dinanzi ad essa, in famiglia o da soli, offrendo a Maria quelle preghiere per le Sue intenzioni e per i bisogni degli altri fratelli del gruppo.
Alla fine della giornata, entro mezzanotte, la saluteremo, reinviando l’immagine alla moderazione IdM, ringraziandoLa per la Sua visita amorosa e materna. Questo atto di saluto è legato a dare valore alla Sua visita personale che dura per intero giorno.
Questa pratica ha fruttificato, in questi anni, molte aperture di cuori di tutti noi. La nostra Mamma Celeste, attraverso la Sua visita, ci offre la gioia, la consolazione, la condivisione di un amore vitale e ci apre al meraviglioso dono della fede.

Per organizzarci abbiamo bisogno che gentilmente ci inviate il più presto possibile la vostra disponibilità ad accogliere la Madonnina, scrivendoci il vostro nome all’indirizzo madonnapellegrinaidm@gmail.com ed indicandoci il giorno di maggio in cui desiderate ricevere la visita della Mamma Celeste.

Chi si collega solo dal lavoro, quel giorno potrà usufruire della pausa per pregare dinanzi all’immagine, oppure stamparla e portarla a casa, per pregare in famiglia. (Una volta iscritti, riceverete in privato le istruzioni e i consigli per la ricezione della immagine e la riconsegna).

Chi ci ha già inviato la richiesta, in questi giorni riceverà la conferma della data della visita della Madonna Pellegrina. Quindi vi chiediamo di non fare nessun’altra richiesta per non creare ulteriori lavori in più ai moderatori.
SOLO a chi non riceverà nessuna conferma da parte nostra fino al giorno prima della data richiesta, chiediamo gentilmente di avvisarci.

Vi chiediamo inoltre di aggiungere ai mittenti attendibili l’indirizzo madonnapellegrinaidm@gmail.com onde evitare disguidi (cioè per evitare che le nostre mail riguardanti la consegna della Madonna Pellegrina finiscano nella cartella spam e/o ci ritornino indietro per impossibilità di consegna), e di verificare di avere spazio nella casella mail per poter ricevere la visita della Madonna Pellegrina.Grazie per l’attenzione e la collaborazione.

Accogliamo degnamente nelle nostre famiglie la Madre di Dio che ci porta il suo Figlio e la Sua benedizione. Egli, il Salvatore, vuole fermarsi presso di noi e dirci: “Oggi la salvezza è entrata in questa casa” (Lc 19,5.9).
Grazie!
Innamorati di Maria

Recitare con frutto il S. Rosario n. 9

Recitare con frutto il S. Rosario n. 9

Innamorati di Maria

rosario

-Le preghiere che compongono il S. Rosario-

Continuiamo il nostro cammino di conoscenza sul S. Rosario per perfezionarci nella preghiera e nella devozione. Il S. Rosario è una preghiera che dona grandi benefici ma va recitato con fede e attenzione in modo da ottenere copiosi frutti spirituali! Continuiamo ad ascoltare i suggerimenti di S. Luigi Grignion de Montfort e le sue meditazioni sulla preghiera del Padre nostro.

 

Il Padre nostro (seconda parte)

Con ogni parola dell’Orazione domenicale onoriamo le perfezioni di Dio. Onoriamo la sua fecondità chiamandolo Padre: «Padre, tu generi da tutta l’eternità un Figlio che è Dio come te, eterno, consustanziale, una stessa essenza, una stessa potenza, una stessa bontà, una stessa sapienza con te. Padre e Figlio, amandovi producete lo Spirito Santo che è Dio come voi. Tre Persone adorabili, voi siete un solo Dio».

«Padre nostro»! Padre degli uomini per mezzo della creazione, della conservazione, della redenzione, Padre misericordioso dei peccatori, Padre amico dei giusti, Padre magnifico dei beati.

«Che sei». Con queste parole ammiriamo l’infinità, la grandezza e la pienezza dell’essenza di Dio, che con tutta verità si chiama «Colui che è». È colui che esiste essenzialmente, necessariamente ed eternamente. È l’Essere degli esseri, la causa di tutti gli esseri, che contiene in modo eminente in se stesso le perfezioni di tutti gli altri esseri. È in tutti con la sua essenza, con la sua presenza, con la sua potenza senza esservi circoscritto.

Onoriamo la sua sublimità, gloria e maestà con le parole: «che sei nei cieli», cioè come assiso sul trono, intento a esercitare la sua giustizia su tutti gli uomini.

Desiderando che il suo nome sia santificato, adoriamo la sua santità. Riconosciamo la sovranità e la giustizia delle sue leggi auspicando che venga il suo regno e desiderando che gli uomini gli obbediscano qui in terra come gli angeli gli obbediscono in cielo. Pregandolo di darci il pane di ogni giorno, crediamo alla sua Provvidenza. Chiedendogli la remissione dei nostri peccati, invochiamo la sua clemenza. Supplicandolo di non lasciarci soccombere alla tentazione, ricorriamo alla sua potenza. E sperando che ci libererà dal male ci affidiamo alla sua bontà.

Il Figlio di Dio ha sempre glorificato il Padre con le opere; è venuto nel mondo per farlo glorificare dagli uomini; ha insegnato loro il modo di onorarlo con questa preghiera che si compiacque egli stesso di dettare. Dobbiamo perciò recitarla spesso, con attenzione e nel medesimo spirito con cui egli la compose.

Recitando devotamente questa divina preghiera noi compiamo tanti atti delle più nobili virtù cristiane quante sono le parole che pronunciamo.

Alle parole «Padre nostro che sei nei cieli», facciamo atti di fede, di adorazione e di umiltà. Desiderando che il suo nome sia santificato e glorificato, manifestiamo zelo ardente per la sua gloria. Chiedendogli il possesso del suo regno, facciamo un atto di speranza. Desiderando che il suo volere si compia sulla terra come in cielo, riveliamo uno spirito di perfetta obbedienza. Chiedendogli il pane di ogni giorno, pratichiamo la povertà di spirito ed il distacco dai beni della terra. Pregandolo di perdonare i nostri peccati, facciamo un atto di pentimento. Perdonando a coloro che ci hanno offeso, esercitiamo la misericordia nella più alta perfezione. Implorando l’aiuto nelle tentazioni, facciamo atti di umiltà, di prudenza e di fortezza. Aspettando che ci liberi dal male, pratichiamo la pazienza. Finalmente domandando tutte queste cose non soltanto per noi ma anche per il prossimo e per tutti i membri della Chiesa ci comportiamo da veri figli di Dio, lo imitiamo nella sua carità che abbraccia tutti gli uomini e adempiamo il comandamento di amare il prossimo.

Detestiamo tutti i peccati e obbediamo a tutti i comandamenti di Dio, quando nel recitare questa preghiera il cuore e la lingua sono concordi, e le nostre intenzioni rispondono al senso delle parole che andiamo ripetendo. Quando riflettiamo che Dio è in cielo, cioè infinitamente al di sopra di noi per la grandezza della sua maestà, proviamo sentimenti di profondo rispetto per la divina presenza e, presi da giusto timore, respingiamo l’orgoglio e ci abbassiamo fino al nulla.

Quando pronunciamo il nome del Padre, ci ricordiamo d’aver ricevuto da Dio la nostra esistenza per mezzo dei genitori e l’istruzione per mezzo dei maestri, i quali tutti — genitori e maestri — quaggiù fanno le veci di Dio e di lui sono immagini viventi. Allora sentiamo anche l’obbligo di onorarli, o per meglio dire, di onorare Dio nelle loro persone e ci guardiamo bene dal disprezzarli e dal contristarli.

Quando desideriamo che il nome santo di Dio sia glorificato, siamo ben lontani dal profanarlo. Quando consideriamo il regno di Dio come nostra eredità, rinunciamo ad ogni attaccamento ai beni di questo mondo. Quando chiediamo sinceramente per il prossimo gli stessi beni che desideriamo per noi stessi, rinunciamo all’odio, alle discordie e all’invidia. Quando domandiamo a Dio il pane quotidiano, detestiamo la golosità e la voluttà che si nutrono dell’abbondanza. Quando imploriamo con sincerità il perdono di Dio così come noi perdoniamo a chi ci ha offesi, reprimiamo la nostra collera, le nostre vendette, rendiamo bene per male ed amiamo i nostri nemici. Quando supplichiamo Dio di non lasciarci cadere nel peccato al momento della tentazione, diamo prova di fuggire la pigrizia, di cercare i mezzi per combattere i vizi e per salvarci. Infine, quando preghiamo Dio di liberarci dal male, temiamo la sua giustizia e siamo beati perché il timore di Dio è il principio della sapienza, il timore di Dio fa evitare il peccato”.

Attraverso queste meravigliose meditazioni possiamo recitare da oggi il Padre nostro con più coscienza e amore in tutte le occasioni: nella S. Messa, nel Rosario, nelle preghiere personali!

I FRUTTI DEL SANTO ROSARIO

«Un nobiluomo, padre di numerosa famiglia, aveva collocato una sua figlia in un monastero totalmente rilassato: le religiose aspiravano solo a vanità e a piaceri. Il confessore, uomo di Dio e fervente devoto del Rosario, desiderando guidare sulla via della perfezione almeno questa giovane religiosa, le consigliò di recitare ogni giorno il Rosario in onore della Madonna, meditando la vita, la passione e la gloria di Gesù Cristo. La religiosa gradì assai il consiglio e l’accettò; a poco a poco si nauseò della vita disordinata delle consorelle, prese ad amare il silenzio e la preghiera, senza curarsi delle canzonature e del disprezzo di chi la circondava, né si curava d’essere tacciata di bigotta.

In quel tempo un venerabile abate si recò in visita al monastero e mentre pregava ebbe una singolare visione. Gli parve di vedere una religiosa in preghiera nella propria cella davanti ad una Signora di sorprendente bellezza, accompagnata da uno stuolo di angeli, i quali con frecce infocate tenevano a bada una moltitudine di demoni che tentavano di entrare nella cella. Gli parve, inoltre, di vedere questi maligni spiriti sotto forma di immondi animali rifugiarsi nelle celle delle altre religiose ed eccitarle al peccato, al quale parecchie infelici acconsentivano.

Per tale visione l’abate comprese la deplorevole condizione del monastero e credette morirne di tristezza. Fece venire a sé la giovane religiosa e l’incoraggiò a perseverare. Riflettendo, poi, sull’eccellenza del Rosario decise di riformare il monastero con questa devozione. Acquistò un buon numero di corone, le distribuì a tutte le religiose consigliandole a recitare il Rosario ogni giorno, promettendo loro, se avessero accettato il consiglio, di non costringerle a riformarsi. Gradirono le corone del Rosario e promisero, a quella condizione, di recitarlo. Ebbene! cosa ammirabile: a poco a poco tutte le religiose rinunciarono alle vanità, rientrarono nel silenzio e nel raccoglimento e dopo nemmeno un anno esse stesse chiesero la riforma. Il Rosario aveva operato sui loro cuori più di quanto avrebbe potuto ottenere l’abate con le esortazioni e l’autorità» (Rosier mystique, 7ª decina, c. 5).

(Segreto meraviglioso del santo Rosario di S. Luigi Maria Grignion de Montfort)

22 maggio: S. Rita da Cascia

S. Rita da Cascia

 

santarita

S. Rita da Cascia
Roccaporena, presso Cascia, Perugia, c. 1381 – Cascia, Perugia, 22 maggio 1447

Patronato: Donne maritate infelicemente, Casi disperati
Etimologia: Rita = accorc. di Margherita

Martirologio Romano: Santa Rita, religiosa, che, sposata con un uomo violento, sopportò con pazienza i suoi maltrattamenti, riconciliandolo infine con Dio; in seguito, rimasta priva del marito e dei figli, entrò nel monastero dell’Ordine di Sant’Agostino a Cascia in Umbria, offrendo a tutti un sublime esempio di pazienza e di compunzione.
S. Rita da Cascia, una delle sante più venerate in Italia e nel mondo cattolico, è stata beatificata ben 180 anni dopo la sua morte e addirittura proclamata santa a 453 anni dalla morte.
Quindi una santa che ha avuto un cammino ufficiale per la sua canonizzazione molto lento, ma nonostante ciò s. Rita è stata ed è una delle più venerate ed invocate figure della santità cattolica, per i prodigi operati e per la sua umanissima vicenda terrena.
Rita ha il titolo di “santa dei casi impossibili”, cioè di quei casi clinici o di vita, per cui non ci sono più speranze e che con la sua intercessione tante volte miracolosamente si sono risolti.
Nacque intorno al 1381 a Roccaporena, un villaggio montano a 710 metri s. m. nel Comune di Cascia, in provincia di Perugia; i suoi genitori Antonio Lottius e Amata Ferri erano già in età matura quando si sposarono e solo dopo dodici anni di vane attese, nacque Rita, accolta come un dono della Provvidenza.
La vita di Rita fu intessuta di fatti prodigiosi, che la tradizione ci ha tramandato; ma come in tutte le leggende c’è alla base un fondo di verità.
Si racconta che la madre, molto devota, ebbe la visione di un angelo che le annunciava la tardiva gravidanza, che avrebbero ricevuto una figlia e che avrebbero dovuto chiamarla Rita; in ciò c’è una similitudine con s. Giovanni Battista, anch’egli nato da genitori anziani e con il nome suggerito da una visione.
Poiché a Roccaporena mancava una chiesa con fonte battesimale, la piccola Rita venne battezzata nella chiesa di S. Maria della Plebe a Cascia e alla sua infanzia è legato un fatto prodigioso; dopo qualche mese, i genitori presero a portare la neonata con loro durante il lavoro nei campi, riponendola in un cestello di vimini poco distante.
E un giorno mentre la piccola riposava all’ombra di un albero, mentre i genitori stavano un po’ più lontani, uno sciame di api le circondò la testa senza pungerla, anzi alcune di esse entrarono nella boccuccia aperta depositandovi del miele. Nel frattempo un contadino che si era ferito con la falce ad una mano, lasciò il lavoro per correre a Cascia per farsi medicare; passando davanti al cestello e visto la scena, prese a cacciare via le api e qui avvenne la seconda fase del prodigio, man mano che scuoteva le braccia per farle andare via, la ferita si rimarginò completamente. L’uomo gridò al miracolo e con lui tutti gli abitanti di Roccaporena, che seppero del prodigio.
Rita crebbe nell’ubbidienza ai genitori, che inculcarono nella figlia tanto attesa i più vivi sentimenti religiosi; visse un’infanzia e un’adolescenza nel tranquillo borgo di Roccaporena, dove la sua famiglia aveva una posizione benestante e con un certo prestigio legale.
Già dai primi anni dell’adolescenza Rita manifestò apertamente la sua vocazione ad una vita religiosa, infatti ogni volta che le era possibile si ritirava nel piccolo oratorio, fatto costruire in casa con il consenso dei genitori, oppure correva al monastero di Santa Maria Maddalena nella vicina Cascia, dove forse era suora una sua parente, e la chiesa di S. Agostino.
Aveva tredici anni quando i genitori, forse obbligati a farlo, la promisero in matrimonio a Fernando Mancini, un giovane del borgo, conosciuto per il suo carattere forte, impetuoso, perfino brutale e violento.
Rita non ne fu entusiasta, perché altre erano le sue aspirazioni, ma in quell’epoca il matrimonio era stabilito dagli interessi delle famiglie, pertanto ella dovette cedere alle insistenze dei genitori e andò sposa a quel giovane ufficiale che comandava la guarnigione di Collegiacone, del quale “fu vittima e moglie”.
Da lui sopportò con pazienza ogni maltrattamento, senza mai lamentarsi, chiedendogli con ubbidienza perfino il permesso di andare in chiesa. Con la nascita di due gemelli e la sua perseveranza di rispondere con la dolcezza alla violenza, riuscì a trasformare con il tempo il carattere del marito e renderlo più docile; fu un cambiamento che fece gioire tutta Roccaporena, che per anni ne aveva dovuto subire le angherie.
I figli Giangiacomo Antonio e Paolo Maria crebbero educati da Rita secondo i principi che le erano stati inculcati dai suoi genitori, ma essi purtroppo assimilarono anche gli ideali e regole della comunità casciana, che fra l’altro riteneva legittima la vendetta.
E venne dopo qualche anno, in un periodo non precisato, che a Rita morirono i due anziani genitori e poi il marito fu ucciso in un’imboscata una sera mentre tornava a casa da Cascia.
Ai figli ormai quindicenni cercò di nascondere la morte violenta del padre, ma da quel drammatico giorno visse con il timore della perdita anche dei figli; nello stesso tempo i suoi cognati erano decisi a vendicare l’uccisione di Fernando Mancini e quindi anche i figli sarebbero stati coinvolti nella faida di vendette che ne sarebbe seguita.
Narra la leggenda che Rita per sottrarli a questa sorte, abbia pregato Cristo di non permettere che le anime dei suoi figli si perdessero, ma piuttosto di toglierli dal mondo, “Io te li dono. Fà di loro secondo la tua volontà”. Comunque un anno dopo i due fratelli si ammalarono e morirono.
S. Rita è un modello di donna adatto per i tempi duri. I suoi furono giorni di un secolo tragico per le lotte fratricide, le pestilenze, le carestie, con gli eserciti di ventura che invadevano di continuo l’Italia e anche se nella bella Valnerina questi eserciti non passarono, nondimeno la fame era presente.
Poi la violenza delle faide locali aggredì l’esistenza di Rita, distruggendo quello che si era costruito; ma lei non si abbatté, non passò il resto dei suoi giorni a piangere, ma ebbe il coraggio di lottare, per fermare la vendetta e scegliere la pace. Venne circondata subito di una buona fama, la gente di Roccaporena la cercava come popolare giudice di pace, in quel covo di vipere che erano i Comuni medioevali. Esempio fulgido di un ruolo determinante ed attivo della donna, nel campo sociale, della pace, della giustizia.
Ormai libera da vincoli familiari, si rivolse alle Suore Agostiniane del monastero di S. Maria Maddalena di Cascia per essere accolta fra loro; ma fu respinta per tre volte, nonostante le sue suppliche. I motivi non sono chiari, ma sembra che le Suore temessero di essere coinvolte nella faida tra famiglie del luogo e solo dopo una riappacificazione, avvenuta pubblicamente fra i fratelli del marito ed i suoi uccisori, essa venne accettata nel monastero.
Per la tradizione, l’ingresso avvenne per un fatto miracoloso, si narra che una notte, Rita come al solito, si era recata a pregare sullo “Scoglio” (specie di sperone di montagna che s’innalza per un centinaio di metri al disopra del villaggio di Roccaporena), qui ebbe la visione dei suoi tre santi protettori che la trasportarono a Cascia, introducendola nel monastero, si cita l’anno 1407; quando le suore la videro in orazione nel loro coro, nonostante tutte le porte chiuse, convinte dal prodigio e dal suo sorriso, l’accolsero fra loro.
Quando avvenne ciò Rita era intorno ai trent’anni e benché fosse illetterata, fu ammessa fra le monache coriste, cioè quelle suore che sapendo leggere potevano recitare l’Ufficio divino, ma evidentemente per Rita fu fatta un’eccezione, sostituendo l’ufficio divino con altre orazioni.
La nuova suora s’inserì nella comunità conducendo una vita di esemplare santità, praticando carità e pietà e tante penitenze, che in breve suscitò l’ammirazione delle consorelle. Devotissima alla Passione di Cristo, desiderò di condividerne i dolori e questo costituì il tema principale delle sue meditazioni e preghiere.
Gesù l’esaudì e un giorno nel 1432, mentre era in contemplazione davanti al Crocifisso, sentì una spina della corona del Cristo conficcarsi nella fronte, producendole una profonda piaga, che poi divenne purulenta e putrescente, costringendola ad una continua segregazione.
La ferita scomparve soltanto in occasione di un suo pellegrinaggio a Roma, fatto per perorare la causa di canonizzazione di s. Nicola da Tolentino, sospesa dal secolo precedente; ciò le permise di circolare fra la gente.
Si era talmente immedesimata nella Croce, che visse nella sofferenza gli ultimi quindici anni, logorata dalle fatiche, dalle sofferenze, ma anche dai digiuni e dall’uso dei flagelli, che erano tanti e di varie specie; negli ultimi quattro anni si cibava così poco, che forse la Comunione eucaristica era il suo unico sostentamento e fu costretta a restare coricata sul suo giaciglio.
E in questa fase finale della sua vita, avvenne un altro prodigio, essendo immobile a letto, ricevé la visita di una parente, che nel congedarsi le chiese se desiderava qualcosa della sua casa di Roccaporena e Rita rispose che le sarebbe piaciuto avere una rosa dall’orto, ma la parente obiettò che si era in pieno inverno e quindi ciò non era possibile, ma Rita insisté.
Tornata a Roccaporena la parente si recò nell’orticello e in mezzo ad un rosaio, vide una bella rosa sbocciata, stupita la colse e la portò da Rita a Cascia, la quale ringraziando la consegnò alle meravigliate consorelle.
Così la santa vedova, madre, suora, divenne la santa della ‘Spina’ e la santa della ‘Rosa’; nel giorno della sua festa questi fiori vengono benedetti e distribuiti ai fedeli.
Il 22 maggio 1447 Rita si spense, mentre le campane da sole suonavano a festa, annunciando la sua ‘nascita’ al cielo. Si narra che il giorno dei funerali, quando ormai si era sparsa la voce dei miracoli attorno al suo corpo, comparvero delle api nere, che si annidarono nelle mura del convento e ancora oggi sono lì, sono api che non hanno un alveare, non fanno miele e da cinque secoli si riproducono fra quelle mura.
Per singolare privilegio il suo corpo non fu mai sepolto, in qualche modo trattato secondo le tecniche di allora, fu deposto in una cassa di cipresso, poi andata persa in un successivo incendio, mentre il corpo miracolosamente ne uscì indenne e riposto in un artistico sarcofago ligneo, opera di Cesco Barbari, un falegname di Cascia, devoto risanato per intercessione della santa.
Sul sarcofago sono vari dipinti di Antonio da Norcia (1457), sul coperchio è dipinta la santa in abito agostiniano, stesa nel sonno della morte su un drappo stellato; il sarcofago è oggi conservato nella nuova basilica costruita nel 1937-1947; anche il corpo riposa incorrotto in un’urna trasparente, esposto alla venerazione degli innumerevoli fedeli, nella cappella della santa nella Basilica-Santuario di S. Rita a Cascia.
Accanto al cuscino è dipinta una lunga iscrizione metrica che accenna alla vita della “Gemma dell’Umbria”, al suo amore per la Croce e agli altri episodi della sua vita di monaca santa; l’epitaffio è in antico umbro ed è di grande interesse quindi per conoscere il profilo spirituale di S. Rita.
Bisogna dire che il corpo rimasto prodigiosamente incorrotto e a differenza di quello di altri santi, non si è incartapecorito, appare come una persona morta da poco e non presenta sulla fronte la famosa piaga della spina, che si rimarginò inspiegabilmente dopo la morte.
Tutto ciò è documentato dalle relazioni mediche effettuate durante il processo per la beatificazione, avvenuta nel 1627 con papa Urbano VIII; il culto proseguì ininterrotto per la santa chiamata “la Rosa di Roccaporena”; il 24 maggio 1900 papa Leone XIII la canonizzò solennemente.
Al suo nome vennero intitolate tante iniziative assistenziali, monasteri, chiese in tutto il mondo; è sorta anche una pia unione denominata “Opera di S. Rita” preposta al culto della santa, alla sua conoscenza, ai continui pellegrinaggi e fra le tante sue realizzazioni effettuate, la cappella della sua casa, la cappella del “Sacro Scoglio” dove pregava, il santuario di Roccaporena, l’Orfanotrofio, la Casa del Pellegrino.
Il cuore del culto comunque resta il Santuario ed il monastero di Cascia, che con Assisi, Norcia, Cortona, costituiscono le culle della grande santità umbra.

Autore: Antonio Borrelli

PREGHIERA per il giorno della festa il 22 Maggio

Sotto il peso e tra le angoscie dei dolore, a Voi che tutti chiamano la Santa degli impossibili, io ricorro nella fiducia di presto averne soccorsi. Liberate Vi prego il mio povero cuore, dalle angustie che da ogni parte l’opprimono, e ridonare la calma a questo spirito che geme, sempre pieni di affanni. E giacché riesce inutile ogni mezzo a procurarmi sollievo, totalmente confido in Voi che foste da Dio prescelta per avvocata dei casi più disperati.

Se sono di ostacolo al compimento dei miei desideri, i peccati miei, ottenetemi da Dio ravvedimento e perdono. Non permettete, no, che più a lungo sparga lacrime di amarezza, premiate la mia ferma speranza, ed io darò a conoscere dovunque le grandi vostre misericordie verso gli animi afflitti. O ammirabile sposa del Crocefisso, intercedete ora e sempre per i miei bisogni.

3 Pater, Ave e Gloria

SUPPLICA A SANTA RITA DA CASCIA NEL GIORNO DELLA FESTA

O santa Rita da Cascia, tu sei stata nostra sorella nella vita terrena voluta dal amore del Padre, per la quale siamo tutti uniti sotto la stessa Provvidenza da un reciproco dovere di giustizia, e nella vita della grazia del Signore Gesù crocifisso e risorto, per la quale ci chiamiamo e siamo figli di Dio; tu hai accolto con riconoscenza la opera santificatrice dello Spirito Santo, e la Chiesa ora ti afferma glorificata nella eterna visione di Dio. Supplica la Trinità Santissima affinché diventiamo saldi nella fede, perseveranti nella carità e sempre confortati dalla speranza nelle promesse divine.
Intercedi per la Chiesa, affinché tutti e ovunque siamo fedeli testimoni del Vangelo e troviamo nella fede e nella carità le risposte sicure per noi stessi e per tutti gli uomini.
Intercedi per il Papa e i Vescovi, ai quali il Signore ha affidato il compito di dirigere e governare la Chiesa, affinché lo Spirito Santo sempre li assista nel insegnamento della verità e siano testimoni di fede e di carità davanti ai popoli ed alle nazioni. Intercedi per tutti i sacerdoti, i religiosi, e le religiose, affinchè, in unione con il Papa e i Vescovi, rispondano con perseverante fedeltà alla loro particolare vocazione alla santità e ai loro impegni missionari nel mondo. Intercedi per le vocazioni sacerdotali e religiose, affinchè aumenti il numero e la santità di coloro che si donano al servizio di Dio nei fratelli. Intercedi per le nostre famiglie, turbate dagli insegnamenti di tanti maestri, affinchè riconoscano un unico Maestro, Cristo, e una unica guida a Cristo, la Chiesa, e possano formarsi e crescere in vicendevole amore cristiano, unite, anche nel sacrificio, come Cristo è unito alla chiesa.
Intercedi per i fanciulli e i giovani, affinchè imparino la vera libertà nella verità del Cristo e sappiano crescere anche nella vita sociale con piena responsabilità cristiana, sorretti da una formazione forte e sicura, consapevoli del dono e del impegno battesimale. Intercedi per la pace, tu che hai patito le conseguenze del odio e hai dimostrato che la mansuetudine ed il perdono conquistano la terra nella vera giustizia. Intercedi per tutti i cristiani, affinchè si chiamino e siano fratelli, e, per il dono della stessa fede e della stessa Eucaristia, formino un solo ovile sotto un solo pastore, adunati nella unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen!

Pater, Ave e Gloria

OMAGGIO QUOTIDIANO A SANTA RITA

Eccomi ai tuoi piedi, o gloriosissima taumaturga S. Rita, che dal Santuario di Cascia, dove si venera il tuo Corpo, spargi nel mondo le più insigni beneficenze; eccomi ad offrirti un omaggio quotidiano del mio cuore, riconoscente e devoto. Ti venero o Santa degli impossibili, salvami sempre dai mali irreparabili. Ti invoco, o figlia rassegnata del Crocifisso: tieni lungi da me e dai miei cari la disperazione, che è la morte della anima. Ti lodo, o modello della età giovanile: difendi la gioventù, dalle insidie della incredulità e della corruzione. Ti benedico, o pietosa soccorritrice di tutte le miserie: porgimi aiuto in ogni bisogno e sventura. Ti esalto, o Eroina di ogni virtù: ottienimi la grazia di imitarti nella mansuetudine, nella pazienza, e nella carità. Così piacerò sicuramente a Dio, onorerò te che niente altro desideri se non di vederlo benedetto da tutti. Ti amo, mia potentissima Patrona: nella tua intercessione ho riposto tutte le più belle speranze. Domanda a Gesù Crocifisso, ai cui piedi sei rappresentata in tutte le tue immagini in atto di ricevere una spina della sua corona dolorosa, domanda e ottienimi il perdono dei miei peccati.
Ti saluto o stella di Cascia, gemma della Umbria, gloria purissima della Italia, astro fulgido del Paradiso! Sii guida fedele a me e ai miei cari nelle tempeste della vita, conducimi al porto sospirato del cielo, affinchè possa amarti e benedirti, con te amare e benedire in eterno il misericordioso Signore. Amen.